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In occasione di “Ecosanfra”, il festival sulla sostenibilità che si è svolto a Perugia dal 25 al 27 settembre, a 800 anni dal Cantico delle Creature e 10 dall’enciclica Laudato si’, l’Osservatore Romano ha intervistato fra Marco Moroni, OFMConv, Custode del Sacro Convento di Assisi.
Riportiamo di seguito il testo integrale dell’intervista.

Fra Marco, il "Cantico delle Creature" compie 800 anni, ma di fronte alla grandi crisi del nostro tempo sembra avere ancora oggi una forza dirompente. Qual è l'elemento distintivo della visione di san Francesco?
Il Cantico rappresenta una lode e una visione profondamente positiva della creazione, della natura e dell'uomo stesso. Questo fu per l’epoca un approccio rivoluzionario, specialmente se pensiamo all'influenza degli eretici Catari-Albigesi che vedevano il mondo come il regno del male e lo spirito come il regno del bene. Ma anche nella Chiesa, Lotario dei Conti di Segni che poi divenne Papa Innocenzo III, al quale Francesco ricorse per l'approvazione della “Regola” –scriveva il terribile “De Miseria Humanae Conditionis”.

In cosa differiva la posizione di Francesco?
Nel pensiero dominante la condizione umana era vista come estremamente negativa, stretta tra una corporeità destinata al disfacimento e una natura fallace e "matrigna", come più tardi scriverà anche Giacomo Leopardi. Francesco ha una visione completamente diversa. Non solo loda il Creatore attraverso le creature, ma reputa le creature stesse degne di lode. È una visione positiva di tutto il creato e, soprattutto, una visione positiva dell'uomo.

La natura però non ha coscienza e può sempre essere amata per ciò che è, ma quando l’uomo produce il male ne è pienamente consapevole. In che modo allora il Cantico "riabilita" l’uomo?
“Laudato sì’, mi' Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore": questo passo del Cantico è cruciale. L'uomo è capace di perdonare e questo lo rende degno di reintegrarsi nel cosmo e nella natura, di riconciliare tutto ciò che era visto come negativo. Molti ricordano che il Cantico è il primo documento scritto in lingua volgare e quindi la prima espressione della letteratura italiana. Ma è questa “diversa” visione dell’uomo a renderlo realmente nuovo.

Ad “Ecosanfra ” lei ha affrontato il tema del linguaggio e di come oggi la comunicazione sia spesso strumentale ed aggressiva. Quale monito arriva dal Cantico su questo tema?
Il linguaggio è specchio di ciò che si vive dentro. Francesco ci insegna l'importanza di spargere pace attraverso il linguaggio e le azioni. Il suo è il linguaggio sereno della lode, che vuole sostituirsi a quello della contrapposizione, dove l'avversario viene sempre accusato. Ci sono parole utilizzate ad arte per accrescere le distanze nonostante in sé siano del tutto neutre. Pensiamo alla parola “giustizia”, che dovrebbe evocare sentimenti positivi, e che invece finisce spesso per esasperare le contrapposizioni. Nel Cantico, Francesco supera tutto questo proprio con la parola “perdono”, che della giustizia diventa l’espressione più alta, azzerando in un instante ogni contrapposizione.

Come si lega questa rivoluzione culturale all'Enciclica Laudato sì’ di Papa Francesco?
Il Cantico ha ritrovato nuova luce proprio con il pontificato di Papa Francesco e con la sua Enciclica “Laudato sì’”. Non si tratta solo di un testo “ecologico”, ma di un documento utile a comprendere il cambiamento epocale che stiamo vivendo attraverso il concetto di Ecologia Integrale.

Cosa rende l’”Ecologia Integrale” un concetto cruciale?
L’Ecologia Integrale — così come la sottolinea Papa Francesco nella “Laudato sì’” — è un approccio capace di leggere e mettere insieme tutti i rapporti che danno senso alla vita umana: il rapporto tra l’uomo e la creazione; quello tra uomo e uomo; il nostro rapporto con Dio. È l'interconnessione di tutto. Se la deforestazione o il cambiamento climatico costringono un popolo a migrare, questo genera nuove dinamiche sociali. L’ecologia deve quindi essere gestita con l'accoglienza, il rispetto e l’integrazione, temi cari ad entrambi i Francesco.

Sull’impegno globale per l'ambiente, però, assistiamo oggi a politiche che sembrano tornare indietro. Come possono rispondere i cittadini a questa pericolosa involuzione?
C'è una preoccupazione tangibile per l’inversione di tendenza di alcune potenze e governi, di fronte alla quale ci sentiamo tutti come “disarmati”. Tuttavia, proprio per questo, la risposta deve essere una chiamata alla maggiore responsabilità. C’è il rischio di pensare: “A cosa serve che io metta i pannelli solari, se le grandi industrie ragionano diversamente?”. Invece, è fondamentale coltivare la responsabilità anche nel piccolo. La nostra prassi, le nostre buone pratiche, anche se minime, sono una testimonianza importante. Permettono di dire ai detrattori: “Io ce la faccio, io porto avanti questa scelta”.

Il cambiamento deve partire dal basso. L’atteggiamento dei giovani verso questi temi sembra ambivalente. Da una parte sono vittime ribelli delle ingiustizie planetarie, e dall’altra sono veicolo di mode irresponsabili. Cosa fare?
La propaganda è ancora molto forte e va spesso nel senso contrario al cambiamento ecologico. Ad “Ecosanfra”, ad esempio, è emerso come la maggior parte dei giovani preferisca ancora un’auto a motore endotermico rispetto ad una elettrica. Ciò dimostra che il sistema ci sta ancora condizionando fortemente. Serve uno sblocco a livello comunicativo e culturale, perché la propaganda anti-cambiamento sta prevalendo, anche su temi come la pace e i diritti, facendo sembrare un’illusione le grandi acquisizioni storiche come la Costituzione e la Carta dei Diritti dell’Uomo. I giovani sono quelli che pagheranno di più le conseguenze di tutto questo e sono anche quelli che possono generare il cambiamento più veloce. Dobbiamo puntare molto di più sulla loro consapevolezza e sul loro aiuto.