La Quaresima per Francesco era parte integrante del suo cammino di conversione, la “porta stretta” della conformazione a Cristo. Francesco visse le quaresime nella modalità del “deserto”, inteso come condizione di intimità che instaurò nel suo rapporto con Dio attraverso la preghiera intensa e solitaria e supportato dall’ascolto della Parola.
Un altro elemento fu quello della “povertà”, intesa come nudità spirituale, vissuta da lui materialmente in grotte o anfratti, luoghi spogliati di tutto, in cui l’esperienza del “Dio presente” si fece palese nello spirito e nella natura in cui era immerso fisicamente e spiritualmente. Aveva sperimentato come Dio poneva una smisurata fiducia nella libertà dell’uomo a cui aveva consegnato il proprio figlio, ritenendo gli uomini degni di questa fiducia. Questo fu per lui lo strumento concreto nel suo cammino di conversione fondato sul desiderio di conformarsi a Cristo e di seguirlo fino in fondo.
In questa dimensione di ascolto e di sequela di Cristo san Francesco, oltre alla Quaresima prevista nell’anno liturgico, ne visse altre che non impose ai frati ma le lasciò al loro discernimento e alla loro libertà. La prima iniziava “dalla festa dell’Epifania per quaranta giorni continui” (LegM 9,2: FF 1163; cf. Rb 3,6: FF 84), un altro periodo di intensa contemplazione era quello in preparazione alla festa dell’Assunta che iniziava dalla festa dei santi Pietro e Paolo fino alla suddetta festa mariana, giacché per lui Maria e la Chiesa non andavano mai separate ma camminavano insieme. Un’altra celebre Quaresima era quella di “san Michele”, che Francesco trascorreva spesso a La Verna, e durante la quale ottenne il dono delle stimmate. Iniziava “a onore di san Michele, tra la festa dell’Assunzione e la sua (29 settembre), digiunava con la massima devozione per quaranta giorni” (2Cel 197: FF 785). Seguiva quella “di Avvento” che iniziava dalla festa dei santi fino alla natività del Signore (Rb 3,5: FF 84; cf. 2Cel 131: FF 715. Nella Compilatio Assisiensis (FF 1611), si parla della “quaresima di san Martino”, perché secondo la tradizione liturgica medioevale preparava al Natale a partire dall’ottava della festa di tutti i santi.
Insomma Francesco visse questa esperienza spirituale per un totale di 160 giorni su 365 e, a detta delle Fonti Francescane con il massimo rigore (cfr. Spec 62: FF 1752), ma è bene ricordarlo, dando senso e significato a ciò che faceva. Non era questo un atto devozionale, ma, partendo dalla devozione diventava fede viva, vissuta e testimoniata e che trovò nel Cantico di frate sole la laude e la gloria al “Mio Dio, mio tutto”.
fr. Felice Autieri