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Il testo integrale del discorso di fra Mauro Gambetti nella sua Ordinazione episcopale, per l’imposizione delle mani del Legato Pontificio per le Basiliche Papali, Cardinale Agostino Vallini:

Ci sono momenti di svolta nella vita, che talora comportano salti. Quello che sto vivendo lo considero come un tuffo dal trampolino in mare aperto, mentre mi sento ripetere: duc in altum.

Domenica 25 ottobre, quando c’è stato l’annuncio sorprendente della mia nomina, sono entrato in refettorio e i miei fratelli mi hanno accolto in festa, fragorosa… anch’essa inaspettata. Ebbene, mentre sentivo tutta la felicità che mi faceva corona – scandita dal suono della campana che il decano quasi roteava –, dentro di me ho avvertito l’impulso ad inginocchiarmi. Non l’ho fatto perché tendenzialmente rifuggo la teatralità e non volevo rovinare il clima gioioso, ma la sensazione era quella di trovarmi davanti al Signore Gesù che si stava manifestando. Io so che vengo dalla terra. Sono di terra e mi percepisco impastato dell’umanità di tutti, con le sue bellezze e le sue miserie. Istintivamente, l’unica reazione per me adeguata era quella di Simon Pietro, che si prostra e dice: “Allontanati da me che sono un peccatore”. Per questo, poi, ho riso di me, perché ho pensato al volto del Papa quando mi ha eletto e a quello di Gesù che, divertito, mi è parso che dicesse: “smettila, sono io che ti ho scelto”.

Così ho vissuto settimane serene, ho pregato, ho amato e ho accolto la benevolenza dei fratelli e delle sorelle che in tanti modi si sono fatti prossimi e mi hanno aiutato. Pian piano, in particolare grazie ai tanti messaggi che mi sono giunti, mi si è fatta chiara come non mai la visione profetica presentata dal Vangelo di oggi, che il Card. Agostino ha così bene illustrato: nella trasparenza dell’umana prossimità si dischiude il regno dell’Amore. A me sembra la “visione più radicale dell’etica ed insieme la visione più divina dell’umanità”, come ha scritto un commentatore.

Credo di poterla applicare alla mia storia. Per farlo, prendo a prestito le parole di una carissima amica. Mi ha scritto: “Tutto è un unico grande respiro di amore, uscito dai polmoni aperti di Dio. […] Tutti noi, questa realtà, questo mondo siamo portati in grembo da un Dio di Eternità, che ci partorirà alla Vita per sempre... e noi, siamo così piccoli, ristretti, spaventati dalle distese immense… e invece l’Amore è così… continua estensione, distensione... fino all’Infinito… dobbiamo solo lasciargli compiere il suo corso… anche in noi. […] C’è un filo di Amore che ci connette tutti… è il filo rosso dell’Amore… avverto che c’è una trama, di cui non riusciamo a cogliere tutti i collegamenti, ma percepisco chiaramente che c’è, come altrettanto chiaramente percepisco che mi e ci sfugge…Le persone con cui sono in relazione, i grandi eventi della Chiesa, i pensieri delle altre persone che influiscono su di me, ciò che accade alle altre persone e che influisce su di me… mi sento parte di un tutto; e questo tutto è l’Amore… e in questa trama è connesso anche il mondo celeste… anche i morti. Siamo tutti in relazione”. Penso questo anche di me.

I miei genitori, i miei nonni, i miei zii e parenti, molti amici e la sterminata schiera di francescani defunti, mio fratello e i miei cugini presenti e assenti, le comunità cristiane nelle quali sono cresciuto e i pastori che mi hanno accompagnato e amato, gli amici d’infanzia, del liceo e di università, la fidanzata, la famiglia dei frati che mi ha accolto, “riparato” ed educato fino a consentimi di esprimere il meglio di me stesso, i figli e le figlie spirituali, le sorelle e i fratelli incontrati, le coppie e le famiglie con le quali ho camminato, i diaconi, i presbiteri, i Vescovi e il Papa, le sorelle consacrate, le tante persone incrociate con le quali è nato un rapporto di amicizia anche in questi ultimi anni, i fedeli collaboratori per progetti e lavori, le istituzioni civili e militari, le forze dell’ordine, la protezione civile, i vigili del fuoco e i servizi sanitari, tutti voi che siete qui, quelli che ci seguono da casa, chi ha organizzato e preparato la celebrazione, chi l’ha animata con il servizio e con il canto, chi mi ha ordinato e chi mi è stato vicino, come il Ministro generale, il Provinciale, il Custode, i fratelli e le sorelle, gli amici e i nemici – sì, anche chi mi è stato avverso, per ragioni più o meno legittime – …una immensa rete d’Amore, che tutto comprende e tutto riplasma, tutto dinamizza e tutto trasforma. Grazie! In sintesi la mia storia: di cuore, grazie a tutti!

Oggi ho ricevuto un dono incommensurabile… e, ora, mi aspetta un tuffo in mare aperto. A dire il vero, non un semplice tuffo, ma un vero e proprio triplo salto mortale carpiato, in posizione libera. Per spiegare la difficoltà del passaggio, prendo ancora a prestito le parole di qualcun altro, questa volta del mio confratello Jorge. Mi ha dedicato una poesia all’indomani della mia nomina. Rende bene ciò che costituisce la difficoltà del tuffo, soprattutto laddove racconta della fraternità dalla quale dovrò staccarmi:

“Pellicano”
Beato TE, che sei benedetto
con un sorriso e uno sguardo unici,
in cui si fondono bontà, perspicacia e fantasia.
Beato TE, la cui misericordia è rifugio sicuro
per i deboli che custodisci, come cureresti una tua ferita.
Beato TE che attraversi la notte vegliando instancabilmente
e ti fai illuminare dal primo sole del giorno
che riscalda con il suo bacio la rugiada.
TU, pellicano materno di Dio
chiamato ed inviato a dar da “mangiare” dal cuore, ai tanti cuccioli del Signore.
Vai… Vai… Vai, libero e in pace,
“Sei stato fedele nel poco, ti si affida molto di più…”
“Vai”, e te lo diciamo con le gioie e i dolori della nuova vita che viene al mondo.
Parti dal grembo speranzoso del nostro cuore,
abituato a donare dalla propria povertà,
verso la terra e il popolo che il Signore Dio ti affiderà.
Ovunque ti troverai sia sempre quella la tua casa.
Con chiunque sarai siano sempre quelli i tuoi fratelli.
Noi ti benediciamo
con la nostra preghiera intrisa di fenditure e di semplice pane quotidiano,
ti benediciamo con i nostri piedi posati sulla terra aspra dell’oliveto,
ti benediciamo con il nostro ridere brusco di una festa fraterna,
ti benediciamo al modo minore e rustico dei frati di Francesco,
ti benediciamo con il silenzio fecondo di chi lascia partire per amore.
Beato TE che scegli di rischiare di moltiplicare i tuoi talenti
e di non seppellirli “soggiogato” dalla paura.
TU sogni il fiore che si schiude tra le crepe della roccia,
e credi al filo d’erba che germoglia in mezzo al deserto
dopo uno sguardo umido del cielo.
Non salutiamo un “principe della Chiesa”,
salutiamo sì un fratello, operaio ostinato del regno di Dio.
La Pace benedica ogni sera della tua vita.
Noi rimaniamo sempre la tua casa!

È il mio omaggio a san Francesco e alla sua fraternità. E mi tuffo. Grazie, fratelli tutti!