Riportiamo il testo integrale del saluto con cui il nostro Custode fra Marco Moroni, OFMConv, è intervenuto all'inaugurazione della mostra 𝐿’𝑒𝑛𝑖𝑔𝑚𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑀𝑎𝑒𝑠𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑆𝑎𝑛 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑜. 𝐿𝑜 𝑠𝑡𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑣𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑑𝑢𝑒𝑐𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑢𝑚𝑏𝑟𝑜 che si è svolta sabato scorso, 9 marzo, presso la Galleria Nazionale dell’Umbria.
La mostra, realizzata in collaborazione con il Sacro Convento, resta aperta a Perugia fino al 9 giugno.
«Il Signore vi dia la pace! Mi permetto di salutarvi così, come ha chiesto san Francesco ai suoi frati. Sento di essere qui in qualche modo anche a nome suo, per ringraziarvi di tutta l’attenzione che state riservando a questo enigmatico pittore senza nome, ma che proprio sotto l’appellativo sanfrancescano cela – o forse svela – la sua vera identità.
Noi frati del Sacro Convento di Assisi abbiamo un singolare e graditissimo privilegio: quello di pregare, ogni mattina e ogni sera, presso l’altare che sovrasta la tomba del Santo, disposti sotto un cielo dove ancora oggi, da quasi otto secoli, brillano centinaia di stelle, lì affisse dalla mano sapiente dell’artista al quale è dedicata questa mostra; un cielo memoria di altro Cielo, quello dove dimora Francesco; un cielo trapuntato di stelle, presagio di quel Paradiso che è promesso a tutti e a nessuno è negato. Un cielo sorretto da costoloni coloratissimi, decorati con fregi geometrici e vegetali estremamente variati e fantasiosi che sembrano giocare, comporsi e ricomporsi come in un sorprendente caleidoscopio.
E poi sui fianchi, alle pareti, con i colori consunti dai secoli e con le lacerazioni causate da qualche decisione improvvida nel tempo in cui non vigilavano le soprintendenze, fanno compagnia alla nostra preghiera le storie affrescate di san Francesco e della passione e risurrezione di Cristo, che il Maestro in questione, con la sua bottega, pose lì, a specchio le une con le altre, a dire a noi nel mezzo che così è la strada per giungere a quel Cielo. Tra l’altro, lo dico per inciso, sono gli unici affreschi ancora da restaurare per completare l’ambizioso programma di conservazione di tutti i cicli pittorici della Basilica, per i quali – mi rivolgo in primo luogo al Ministro Sangiuliano – ci auguriamo di ottenere adeguati finanziamenti.
Noi frati del Sacro Convento di Assisi abbiamo anche un altro privilegio, che si colloca su un piano ben diverso dal primo: quello di avere stipulato una convenzione, nell’ottobre 2021, con la Galleria Nazionale dell’Umbria, a firma dell’allora direttore Marco Pierini e del sottoscritto, per "la consulenza scientifica, nonché per la progettazione delle attività di cura, di promozione e comunicazione, di ricerca del Museo del Tesoro e, qualora richiesto, del patrimonio artistico afferente alla Custodia generale". Ciò che oggi stiamo inaugurando, la mostra che vedremo, è uno dei frutti di questa collaborazione, grazie alla volontà operosa del nuovo direttore Costantino d’Orazio e di tutto il gruppo di lavoro (vorrei qui ricordare in modo particolare Veruska Picchiarelli). Altri frutti, che ci auguriamo copiosi, arriveranno in futuro, vista la volontà di entrambe le parti di confermare la convenzione.
Ci stiamo avvicinando all’ottavo centenario della morte di san Francesco, che si celebrerà nel 2026, e ci stiamo chiedendo: quale volto di san Francesco proporre in questo nostro tempo? Questa mostra, il catalogo, gli studi e le indagini diagnostiche sugli affreschi realizzate per l’occasione ci vengono incontro e, dialogando con i numerosi testi agiografici che si sono moltiplicati nei secoli, ci offrono nuove possibilità per ampliare la conoscenza di san Francesco e della storia delle interpretazioni circa la sua figura e il suo messaggio. Potremmo dire che il dolce stil novo che fa da sottotitolo alla mostra sia in primo luogo il suo, quello di Francesco d’Assisi: stile nuovo nelle relazioni dentro la comunità e nella fraterna amicizia con tutti e con l’intera creazione, accoglienza e valorizzazione dell’umano nella totale apertura alla trascendenza. Stile nuovo e dolce, che non a caso trova nel Maestro di san Francesco e negli altri grandi artisti che affrescano la Basilica (Cimabue, Giotto, Pietro Lorenzetti, Simone Martini…) espressioni e linguaggi che aprono al futuro dell’arte e dell’esperienza umana».
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