L'intervista al capo restauratore.
La Cappella della Maddalena, la terza sul lato settentrionale della navata della Basilica inferiore, è una delle opere più famose di Giotto. Il grande maestro della pittura medievale la realizza con la sua bottega nel 1307, un anno dopo aver portato a termine la Cappella degli Scrovegni a Padova, al massimo della sua formazione artistica.
L’ultimo restauro degli affreschi della cappella risale al ‘68. Dopo il terremoto del ’97 non si era potuto intervenire nella Basilica inferiore: data la necessità di prolungare nella chiesa superiore il restauro della volta crollata per le ripetute scosse sismiche, si ritenne opportuno mantenere aperta e interamente fruibile almeno quella inferiore. In tal modo però i lavori necessari anche per questa chiesa erano stati rimandati. Si sono avviati proprio nei mesi in cui la pandemia esplodeva in tutto il mondo e il periodo di minor affluenza in Basilica, per quanto amaramente, sta permettendo di intervenire ora come non si era potuto fare a suo tempo.
Il ponteggio per il cantiere di restauro della Cappella della Maddalena si è sviluppato su cinque piani, per dieci metri di altezza. L’equipe dei restauratori, diretta dal capo restauratore della Basilica, il prof. Sergio Fusetti, ha operato su 300 metri quadri di superficie pittorica per quasi un anno, con qualche breve sospensione a causa delle misure anticovid. Ora che il cantiere ha terminato i suoi lavori, il prof. Fusetti può raccontarci in questa intervista il lavoro svolto.
Quando sono stati avviati i lavori, quali interventi necessari si intendeva realizzare?
Procedendo a una verifica approfondita dei danni provocati dal tempo e dalle scosse sismiche che si sono susseguite negli anni, anche in collaborazione con la Soprintendenza delle Belle Arti di Perugia, abbiamo riscontrato nella Cappella diversi distacchi degli intonaci dalla parete muraria, pur se poco evidenti a distanza. Ciò ha reso urgente l’opera di restauro e siamo intervenuti in tempo, perché quando abbiamo montato i ponteggi abbiamo verificato che i distacchi erano più seri di quanto apparisse a un primo controllo, anche se fortunatamente non avevano ancora provocato danni irreparabili.
Come si è intervenuto?
Il primo intervento di conservazione necessario è stato consolidare gli strati pittorici al supporto murario. Una volta montato il ponteggio, poi, ci siamo anche resi conto di un notevole strato di sporco che si era depositato negli ultimi 50 anni, dopo il restauro precedente, e perciò abbiamo proceduto a un’operazione di pulizia e quindi a un lavoro di restauro vero e proprio. Abbiamo ripulito gli affreschi anche da tutti i vecchi restauri di minor qualità, conservando quelli più pregevoli, che restano testimonianze della storia della Cappella nei secoli.
Come sono stati finanziati i lavori?
Di per sé la cifra necessaria non risultava eccessiva, ma comunque certamente superiore alle disponibilità dei frati del Sacro Convento. La Basilica riceve sovvenzioni statali per la manutenzione ordinaria, ma non per le opere di restauro straordinarie. Dunque è stato necessario raccogliere fondi per l’intervento e abbiamo potuto fare esperienza dell’attenzione e generosità di donatori che hanno a cuore il patrimonio storico-artistico della Basilica. Ringraziamo di cuore tutti i benefattori che vi hanno contribuito: il restauro totale della Cappella della Maddalena, un’opera tra le più importanti del genio del maestro Giotto, è stato possibile grazie a loro. Un ringraziamento particolare per il suo generoso contributo va alla Famiglia Niboli della Valsabbia, in provincia di Brescia, attraverso il Fondo Silvestro e Margherita Niboli costituito presso la Fondazione Comunità Bresciana. Non possiamo poi dimenticare quanti hanno scelto di destinare il 5x1000 della loro dichiarazione dei redditi alla Fondazione per la Basilica: anche questo tipo di donazione è sempre preziosa per i nostri lavori di restauro.
Come capo restauratore si ritiene soddisfatto?
Anche a nome del resto dell’equipe dei restauratori, posso dire che sì: oggi siamo davvero contenti di aver ultimato questo restauro e anche del compito che abbiamo potuto svolgere di fotografare e documentare i particolari della sua realizzazione. Con i frati del Sacro Convento speriamo che sarà possibile per tutti godere quanto prima della rinnovata bellezza della Cappella della Maddalena. Una volta passato questo momento difficile per tutti noi a causa del covid, ci auguriamo di poter fare un’inaugurazione ufficiale, anche per poter ringraziare ufficialmente tutti coloro che hanno voluto contribuire alla realizzazione di questo restauro. Intanto lo faccio anche ora da parte mia, come capo restauratore.
Durante i lavori del cantiere avete potuto raccogliere nuovi dati sul ciclo pittorico di Giotto?
Una delle ambizioni di ogni restauratore è quella di riuscire a trovare una firma del maestro. Come sempre, ce lo auguravamo anche noi, anche se sapevamo bene che sarebbe stato difficile, perché Giotto ha firmato raramente i suoi lavori e solo in opere mobili, poche croci dipinte ad esempio. Anche stavolta però abbiamo trovato solo la conferma che il grande Maestro non amava apporre la propria firma sui cicli di affreschi murari. La firma di Giotto, nella Cappella della Maddalena, è la pittura stessa, la mano unica del grande artista che ha realizzato quei volti, le loro espressioni, certi particolari inimitabili degli ambienti e degli oggetti… Per il resto non ci aspettavamo grandi scoperte, perché tutti i cicli pittorici della Basilica sono stati ampiamente studiati ed approfonditi in passato. L’unico particolare interessante emerso a uno sguardo più ravvicinato è un angioletto in miniatura, a graffito, che probabilmente costituisce una “prova di autore” per uno dei numerosi angeli presenti nel ciclo pittorico della Cappella.
Ci sono aspetti particolari in questo ciclo di affreschi che potrebbero essere ancora oggetto di approfondimento tematico?
Risulta di notevole interesse il ciclo botanico che appare in particolare nell’affresco del “Noli me tangere”. A rappresentare il “giardino” menzionato dal vangelo di Giovanni sono raffigurate delle piante, che non sembrano riprodotte a caso: si potrebbe capire meglio proprio che tipo di piante sono e ci vorrebbero botanici esperti, grazie ai quali si potrebbero certamente sviluppare delle azioni di ricerca anche dal punto di vista scientifico e di valorizzazione dei particolari degli affreschi, che però richiedono costi piuttosto alti. Ora ci stiamo concentrando sugli interventi conservativi ancora necessari in Basilica. Se un giorno avremo le risorse per dedicarci anche a questi aspetti lo potremo fare con una documentazione più ricca, che abbiamo acquisito durante i lavori del cantiere di restauro. Tra l’altro questa raccolta di documenti ci consentirà di realizzare anche una piccola pubblicazione che stiamo preparando, una breve storiografia della Cappella.