Si è tenuta nella serata di giovedì 10 agosto presso il Santuario di San Damiano la veglia di preghiera nel Transito di santa Chiara, presieduta fra Marco Moroni OfmConv, Custode del Sacro Convento di San Francesco. Ecco il testo integrale della sua omelia:
È bello per noi essere qui questa sera, in questo luogo santo, per venerare la memoria di Chiara d’Assisi e accogliere la sua testimonianza e il suo esempio di vita. Ho pensato di rivolgermi direttamente a lei, a partire da quanto lei stessa ha scritto e dalla Parola di questa sera, assieme a tutta la Scrittura che lei tanto amava.
Sorella Chiara, ti è stato detto: “Ascolta figlia, guarda, porgi l’orecchio” (Sal 44(45),11a). Hai ascoltato l’annuncio recato da quel giovane banditore di pace, araldo del gran re, servo di tutti, minore per volontà, Giovanni di Bernardone, detto Francesco, pazzo di Dio. Annuncio fatto di parole, ma ancor più di gesta, movenze e sembianze. Hai teso l’orecchio e hai guardato stupita, ammirata, meravigliata la vita sua e dei suoi fratelli, presa dal desiderio e dall’incanto. E hai voluto anche per te una vita così, tutta donata, consegnata e mai trattenuta come fragranza incomprimibile di puro nardo sopraffino, aroma diffuso ogni dove (cf Gv 12,3). Non solo ritagli d’affetto, ma esagerazione e follia, abbondanza e spreco.
È vero, Chiara, ce lo hai mostrato: non si può limitare l’esuberanza del dono, non si può ingabbiare “quell’eccessivo amore” (FiorCons 3: FF 1919).
Ti è stato detto ancora: “Dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre” (Sal 44(45),11b). Hai ricevuto questo annuncio, sorella Chiara. E fin dai giorni della tua giovinezza ti sei lasciata sedurre e condurre nel deserto, dove il re, invaghito della tua bellezza (Sal 44(45),12) ha parlato al tuo cuore e ha detto: sei “mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza”, sei “mia sposa nella fedeltà” (cf Os 2). Delicata e forte, “nobile di nascita, più nobile per grazia” (1Cel 18: FF 351), non imbelle e timorosa, anzi ricolma di una forza interiore non tua ma ricevuta e accolta, hai lasciato la casa di tuo padre, ma il tuo popolo no, non lo hai dimenticato. Sì, invece, proprio grazie a te la protezione dal Pane della vita è scesa copiosa sul popolo di questa città amata.
È vero, Chiara, ce lo hai mostrato: non si può dimenticare la terra in nome del Cielo e neppure le creature in nome del Creatore.
Ed è stato detto di te: “La figlia del re è tutta splendore” (Sal 44(45),14). Quale dignità la tua anche sul giaciglio degli anni del dolore, dove ogni notte hai cercato, come terra deserta, colui che ti dissetasse carne e anima. Sempre “pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,2), “tutta gloriosa, senza macchia né ruga” (Ef 5,27), con la lampada accesa e olio in abbondanza. Sempre pronta perché sempre avanza verso di te il re, l’amore dell’anima tua, finché la sua sinistra è sotto il tuo capo e la sua destra felicemente ti abbraccia, e lui ti bacia col felicissimo bacio della sua bocca (cf 4Ag 28: FF 2906; cf Cant 1,2; 2,6).
È vero, Chiara, ce lo hai mostrato: non si può desistere nell’attesa e lasciare che la lucerna si spenga.
E ancora si è detto: “gemme e tessuto d’oro è il suo vestito. È presentata al re in preziosi ricami” (Sal 44(45),14b-15a). Quanta raffinata eleganza le tue vesti, Chiara, sorella povera, perché da lui ti sei lasciata rivestire. È lui che ha mutato la tua veste di sacco in abito di gioia (cf Sal 30,12), che ti “ha rivestito delle vesti della salvezza”, ti “ha avvolto con il mantello della giustizia”, come una sposa si adorna di gioielli” (Is 61,10). E noi ammiriamo in te le gemme della castità protetta e amata, trasparenza d’amore non distratto dall’unico sposo; ammiriamo il tessuto d’oro dell’altissima povertà, difesa “con animo risoluto” (LegsC 9: FF 3187) perché è già lui ricchezza nostra a sufficienza (cf LodAl: FF 261); ammiriamo i preziosi ricami di un’obbedienza combattuta e scelta, rinnegando la propria volontà (cf RsC X: FF 2807).
È vero, Chiara, ce lo hai mostrato: è necessario presentarci davanti a lui vestiti a festa: a Colui che tutto ha dato tutto, tutto rendiamo, da servi buoni e fedeli.
E poi si dice: “Con lei le vergini compagne a te sono condotte” (Sal 44(45),15). Come fu per Francesco, anche a te corsero dietro molte compagne, e ancora oggi accade. Scalzasi Agnese, scalzasi Beatrice dietro lo Sposo, sì la sposa piace (cf Dante Alighieri, Paradiso, Canto XI); e così Ortolana, Pacifica, Benvenuta, Balvina, Filippa, Amata… raccolte a San Damiano, nella “vita e povertà dell’altissimo Signore nostro Cristo” (RsC 6,7: FF 2790). Sorelle povere, da servire ed amare “come sé medesima” (Proc 4,18: FF 3016), cui lavare i piedi e da cui lasciarsi lavare (Cf Am 4,2-3: FF 152). Sorelle da ammonire dolcemente (Cf Proc 12,6: FF 3090) e da “ammaestrare nell’amore di Dio” (Proc 8,3: FF 3057). Una discendenza grande “come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare” (Gn 22,17); centuplo promesso (cf Mt 19,29) ed elargito.
È vero, Chiara, ce lo hai mostrato: non c’è solitudine per chi in lui confida, non c’è isolamento per chi a lui si affida.
Ma di lui tu stessa hai ripetuto: “Tu sei il più bello tra i figli degli uomini” (2LAg 19: FF 2879; cf Sal 44(45),3). Hai dedicato la tua vita a lui, il Bellissimo, trasfigurato e sfigurato, splendore della gloria del Padre, “colui che per amor nostro tutto s’è donato” (3LAg 15: FF 2889). Lui, il diletto, divenuto per la nostra salvezza “il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e in tutto il corpo più volte flagellato, morente tra le angosce stesse della croce” (2LAg 19: FF 2879). Molte volte hai cosparso i suoi piedi trafitti con l’olio profumato della tua esistenza affidata. Lo hai fatto con il servizio umile e premuroso verso le sorelle e verso i poveri, con la tua parola sapiente, con il magistero eloquente dei tuoi silenzi e delle tue scelte. Lo hai fatto e continui a farlo per tutti noi, che sentiamo anche oggi sui nostri piedi, da parte tua, l’unzione della benevolenza e della cura, della compassione e dell’intercessione.
Chiara, sorella nostra, aiuta anche noi a vivere la fiducia smisurata nel Padre che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo; l’umiltà di chi riconosce che tutto può in colui che dà la forza; la carità di chi vede in tutti gli altri solo fratelli e sorelle da amare.