"Non si può ridurre Francesco d’Assisi a una definizione e a una sola dimensione perché la chiave ermeneutica che lo ‘spiega’ è la sua conversione al Vangelo (= Gesù Cristo): la sua conversione riconoscente e grata dall’io all’altro/Altro. Egli dal Vangelo è particolarmente attratto dall’umiltà-povertà come verità dell’Amore (Dio) che si manifesta donandosi nell’Incarnazione e nella Passione. La ragione del fascino di Francesco che sorprende e convince molti di ogni spazio e di ogni tempo è il suo essere diventato cristiano, in un’epoca in cui apparentemente e ufficialmente tutti lo erano – tranne gli ‘infedeli’.
La povertà non è quella stoica o ascetica ma, come afferma san Bonaventura, un segno di libertà dai ‘viluppi’ del mondo (Apologia pauperum), secondo la logica che “il tutto è superiore alla parte” (papa Francesco, Evangelii gaudium, 234-237). Quando Francesco si spoglia davanti al vescovo di Assisi e ai concittadini attoniti, realizza il suo sogno: liberarsi dei beni per essere libero di amare e servire tutti, seguendo Gesù di Nazareth come unico modello di vita. «Dalla sua scelta di povertà scaturì anche una visione dell’economia che resta attualissima. Essa può dare speranza al nostro domani, a vantaggio non solo dei più
poveri, ma dell’intera umanità. È necessaria, anzi, per le sorti di tutto il pianeta, la nostra casa comune, “sora nostra Madre Terra”, come Francesco la chiama nel suo Cantico di Frate Sole» (Messaggio di papa Francesco per l’evento Economy of Francesco).
Francesco d’Assisi, uomo evangelico, conosce l’ambivalenza e l’ambiguità dell’uso del denaro: forte è il rischio di trasformare il denaro da mezzo per il ben-essere individuale e collettivo, a fine, cioè idolo che chiude ai fratelli.
E quando si ritrova con la sua fraternità, Francesco distingue sempre tra la miseria, condizione indegna e umiliante, e la povertà evangelica intesa come distacco dalle cose e perciò come precondizione della libertà, della carità e della gioia" (dal terzo pannello della mostra "Economia fraterna") .